1- Presentazione, Media & Documenti
A. Presentazione degli editori
Negrar 20 settembre 2020
Nel pubblicare la introduzione del professore Gianpaolo Marchi, la 'lettera ritrovata', e il diario di Giovanni Battista Pighi in un solo posto, abbiamo voluto creare un contributo alla memorialistica di guerra intorno alle memorie del 1915 - 18 del Pighi, che possa servire alle nuove generazione per comprendere meglio gli eventi di poco più di un secolo fa, quasi come se si ascoltasse la voce di chi li ha vissuti. Per far partecipo un pubblico più vasto, abbiamo anche pubblicato la versione in inglese. Abbiamo rispettato al massimo la integrità dei testi, aggiungendo quando necessario qualche nota esplicativa fra [].
La ' lettera ritrovata' è la prima risposta nel 1968 di Giovanni Battista Pighi alla domanda della figlia, Laura Schram-Pighi, di scrivere le sue memorie di guerra. La risposta fa cenno al fatto che la figlia, e dunque i nipoti, non sarebbero esistiti se lui fosse stato spedito nel 1917 sull'Altopiano di Asiago, invece di essere mandato in licenza a Verona. La lettera fu scritta solo due mesi dopo l'inizio della sua pensione, ma ben due anni prima della prima scrittura delle sue memorie di guerra nel 1970. Più tardi il Pighi ricopia questa versione nel 1974, come spiega lui stesso nelle memorie. Le memorie di guerra sono parte di tutte le memorie raccolte in 4 volumetti, mai pubblicati.
Nel 1977, il Pighi prende da parte Albert, il nipote maggiore, e li regala tre oggetti: la sua bussola, con inciso il numero del reggimento. In secondo luogo, il timbro ufficiale, che usava per le lettere ufficiali, e che riproduciamo alla fine del queste memorie. Per ultimo, gli regala un taccuino rilegato in pelle che ha in copertina lo scudo in metallo dell'esercito italiano. Il taccuino era vuoto, tranne un nome "Armando Diaz".
Pighi spiegò che il Generale Diaz era stato l'unico ufficiale dello stato maggiore venuto a visitare le truppe nelle trincee. In quella occasione lo aveva conosciuto personalmente. Il Diaz aveva capito che Pighi era uno studente all'Università di Padova, e uno letterato, e gli disse che lui stesso non avrebbe scritto le sue memorie, ma che affidava questo compito al Pighi. Il desiderio del generale Diaz e stata una ulteriore ragione per pubblicare questo diario di guerra.
Pubblicando questa lettera ritrovata, la bellissima introduzione del professor Gianpaolo Marchi, e il diario della guerra del 1915-18, abbiamo l' intenzione di fare un po di luce su questo episodio della vita di Giovanni Battista Pighi, sul quale non fu mai scritto niente.
Alla fine quasi tutta la famiglia a contribuito a questo sforzo. Vogliamo ringraziare l 'altro nipote, Marco Schram, per il consiglio di pubblicare tutto questo online in un solo posto. Thomas Schram per avere curato le cartine geografiche, e Paulina van Helden per la revisione finale della edizione inglese.
Gli editori, Dr. Laura Schram-Pighi & Dr. Albert Schram
B. Documenti & Media
1. La Lettera Ritrovata
Casal 27/8/68: ore 18.30h
Carissimi quattro [della famiglia Schram], se nel novembre del 1917 (mezzo secolo fa) fossi andato sull'altopiano d'Asiago, con 9999 probabilità su 10.000 oggi non ci sarei andato; il mio nome si leggerebbe con mille altri sul "memoriale" dei caduti veronesi a S. Luca, e forse su qualche loculo di qualcuno dei molti cimiteri di guerra dell'altopiano; il nonno Opo [il padre Bartolomeo Pighi] e le nonna Epe [la madra Euterpe Polettini] sarebbero partiti con parecchi anni d' anticipo; la signorina Peppina [la moglie Giuseppina] Marcorini ora sarebbe la signora X, madre e nonna felice chi sa dove e non sarebbe mai venuta a Casal; il signor Kees Schram [marito sarebbe altrettanto felicemente sposato con una napoletana o americana o frisona o chi sa chi, e fin qui, tutto nell'ordine naturale delle cose.
Ma tu, Laura, tu, Alberto, tu, Marco, sareste "inesistenti" nel modo più assoluto, "inesistenti" da sempre e per sempre. Vedete dunque l'importanza che per voi tre riveste il colloquio che, in uno dei primi giorni di novembre del 1917, ebbi con un grigio e spelacchiato capitano della riserva, a Vicenza, Il Centro Mitraglieri di Barbarano n'aveva spedito la mattina alla Brigata Regina, che si batteva allora sul Cengio (sopra Arsiero) e, non per desiderio di novità, aveva bisogno ogni giorno di rinnovare il cinquanta per cento dei suoi ufficiali subalterni; dovevo presentarmi al Comando, a Vicenza, per istruzioni. Il Comando era in uno di quei vecchi maestosi palazzi vicentini. Salgo lo scalone, con statue e affreschi, e m'affaccio a quella che doveva essere stata una delle sale di rappresentanza: soffitto o pareti dipinte, marmi e tutto il resto; dietro una lunga tavola (assi su cava letti, con coperte da campo che ondeggiavano sulle assi), c'è il grigio capitano; gli presento le mie carte; si toglie gli occhiali, se li rimette, mi domanda se sono studente; "Signorsi, studente di secondo anno a Padova"; “Facoltà?"; "Lettere" (con qualche vergogna); "Io" (con complicità) "sono professore all'Accademia scientifico-letteraria di Milano (allora era l’unica, a Milano, equivalente alla Facoltà di Lettere).
Maneggia un po' le mie carte: "Lei di dov'è?"; "Di Verona" rispondo; "Ha la Sua famiglia a Verona?": "Signorsi"; "Allora si presenti al Deposito Mitragliere di S.Floriano; credo che sia vicino a Verona; cosi può passare a salutare i suoi": e mi da il “foglio di via" rapidamente scarabocchiato; mi congeda: "Vada" e mi dà la mano; "Grazie, signor capitano", saluto e vie, alla stazione, a prendere la prime tradotta per Verona.
Quando andai a Milano, nel 1925, cercai inutilmente di sapere chi fosse quel capitano professore universitario. In mia personale teoria che fosse il mio Angelo Custode travestito, non mi sembra poi del tutto infondata. Il fatto è che, scendendo lo scolano, non trova nessuno; deserto, quasi deserte le strade. La tradotta alla stazione era pronta a partire; i vetri tremavano per il rombo delle artiglieria tonanti sull'orlo dell'altopiano, a 25 o 30 chilometri di distanza; la tradotte partì come un direttissimo; tirai fuori il foglio di via: la data di presentazione a S.Floriano era al quarto giorno; l'Angelo, voglio dire il Capitano grigio, aveva pensato anche a farmi stare a casa, in Borgo Venezia, tre giorni.
La storia era necessaria por spiegarvi il mio desiderio non so se di tornare o a'andare a Asiago. Niente di pellegrinaggio guerresco, in questo mio desiderio: niente dalla visita ai luoghi in cui, cinquant'anni prima, eccetera. Volevo andare, semplicemente, in un luogo interessante, dove non ero mai stato: puro turismo, senza visite ai tristissimi ossari. Puro turismo, col ricordo non mai sbiadito di quella mia giornata vicentina del novembre 1917.
[Descrizione del viaggio] Il tempo qui è pazzo come da voi; e temo che c'entri per qualcosa le "occupazione" olandese dei nostri laghi e spiagge. Bellissimo e caldissimo lunedì, nebbia e vento la notte, importa la mattina del martedì. Si decide di partire, spericolatamene, accumulando in macchina impermeabili e giacche a vento. Il tempo poi è stato bello, per noi, durante tutte le gita; ma da Vicenza all'altopiano ora piovuto durante la notte, e a Verona piovve in mattinata. Casal, ora 8.05, chilometri 57,941 a la partenza. Ingresso autostrada a S. Michele (Verona E) ore 8.30, km. 57,954. Uscita dall'autostrada a Vicenza Ovest, diritti per Thiene, sosta in un bar in comune di Piovène, ore 9.30, km. 58.026. Bar in chiusura di turno, proprietario gentile, ci dà il caffè. Su per la magnifica strada che gira sotto il Pau, arriva all'orlo, scende nella conca d'Asiago. Fermata in città per la solita cartolina e il solito cappuccino e crodino.
Asiago è a 999 s.l.m. per 1 geografie a 1.001 per i turisti. Comperato un cappellino alpino (15 cm.) per Beto e Maco. Via per Camporovaro (1.957m). Ghèrtele (1.130m), Osteria del Termine (1.312m) al vecchio confine. Ora a Vezzena (1.402m) confine tra la provincia di Vicenza e la regione Trentino. Soond. Scendiamo all'Osteria del Monte Rovere (1.240m), dove finisce l'altopiano d'Asiago comincia quello di Lavarone: sono le 11.30h, km. 58.092. Su a Lavarono, Chiesa, Virti, Carbonare (1.076m). Di qui sù per la Folgaria, passo di Monte Sommo (1.350m); poco oltre in Folgaria si spalanca aperta fino alla Val Lagerina (Val d'Adige, mille metri più sotto). Dal paese di Folgaría (1.166m) saliamo e Serrada (1.230m): sono le 12.05h, km. 58,108. Decidiamo di fermarci, all'albergo Serrada. Si mangia bene, a caro prezzo. Ripartiamo alle ore 13 circa, per quelle terribile strada non asfaltata per i primi 3 km.) che scende a rotta die collo (Scottini, Puèchem, Valduga) fino al Terragnolo e Noriglio-Rovereto; viale stupenda e vertiginosa.
L'autista è un po' appesantita della polenta con gli spezzatini; ma funziona bene; incontrare una corriera significa dover retrocedere per 200 o 200 o 500 metri finché non si trova una cave. A Rovereto si doveva scegliere: risaliamo la Vallarsa, Pian delle Fugazze, Campogrosso, Recoaro, eccetera? (voi conoscere la strada). Di montagna ne avevamo abbastanza, e decidiamo di prendere la statale n. 12 (Abetone-Brennero).
Giù a grande velocità (eccetto la traversata di Rovereto, tradizionalmente provvista di cartelli indicatori). Alcuni sorpassi difficili, ma per fortuna il peggio (autobotti e simili) va verso Trento, e noi all'inverno. Domegliara la fortuna si volta; bestioni colossali occupando la strada. Facciamo loro "ciai, ciai" (adesso si dice "bye bye") con la manina, e svoltiamo bruscamente a sinistra per S. Pietro, strada della Valpolicella (sgombra), Verona, Casal: arrivo ore 15.15h, km. 58,215. In tutto 274 chilometri.
Ecco tutto. La mamma aggiungerà in cronaca pratica; ma non credo abbia molto d'importante, Noi bene. La mamma v’ha raccontato che siamo stati in Arena due volte alla Lucia e all'Aida? Una volta in poltronissima (offerta del signor sindaco) e una volta in seconda gradinata, come il popolo? Mi pare di si (o forse ve l'ho raccontato io). Il 2 andremo a Bologna, per un noiosissima e odiosissima sedute, che spero sia l'ultima, perché ho deciso di non farmi più e più e più vedere. Il 15 ritorneremo per le nozze della Rita Cuccioli, e poi basta.
Nient'altro di nuovo. Speriamo d'aver presto vostre notizie, tutte buone. Ciao, tanti e tantissimi baci a tutti.
1. Foto
Bartolomeo Pighi, padre di Giovanni Battista |
Giovanni Battista con la madre Euterpe Polettini e la nonna Teresa Ponzilacqua, madre di Bartolomeo Pighi |
Giovanni Battista Pighi in uniforme nel 1917 |
Medaglie al valore militare: medaglia d' argento |
Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana (29 diciembre 1973) |
2. Filmati dell'epoca
4. Canzoni dell'epoca
a) Canzoni della Prima Guerra Mondiale (RAI a colori)
c) Il Piave Mormorava
d) Sul Ponte di Bassano